22 luglio 2009

San Blas – prima parte – marzo 2009


Siamo in Colombia da pochi giorni, è fine febbraio, Kudra è ormeggiata nel marina “Club nautico” a Cartagena, e stasera arrivano Fabio e Camilla, che saranno con noi per un mesetto.
“Tutto ok! Arrivate alle 23.30? Il marina è chiuso murato, ma nessun problema, mi faccio trovare al cancello d’ingresso. Vi aspetto alzato!”

Alle nove e mezza Simo e Greta sono a nanna e già la palpebra cala inesorabile

davanti ad un film di azione…alle dieci racimolo le ultime forze per mettere la sveglia alle 23.25. Non c’è problema!

Inutile dirvi che a mezzanotte passata venivo svegliato da Fabio

e Cami… Sarà stata la cena a base di montone in umido e vino cileno…mi perdoneranno?!

E via che si va! Carichi come muli…

Cambusa straripante, serbatoi pieni, Kudra è bassa al galleggiamento. Speriamo che l’assetto (peso a poppa e a dritta per contrastare onde e vento) vada bene.

Pronti a salpare, la finestra meteo che ci permetterà di raggiungere San Blas senza troppi scossoni è finalmente arrivata.

Onda da nne un po’ confusa e vento 15-20 sempre dal primo quadrante.

Al mattino presto ci facciamo abbracciare dall’aliseo, che ci fa volare tra le onde regalandoci velocità alte e ci fa godere nuovamente dell’Oceano. All’alba del giorno successivo avvistiamo le brulicanti, basse, belle …ed “bastarde” isolette dell’arcipelago Panamense di San Blas, territorio autonomo e dalle tradizioni ancora forti.

Siamo in un altro mondo. Centinaia di isolette, sabbia bianca e palme

dense come se stessero schiacciate in un me

trò, circondate da chilometri di barriere coralline. Uno spettacolo!

Mi sento Indiana Jones alla scoperta dei tesori perduti. Le navigazioni qui sono molto brevi ma potenzialmente pericolose. I reef sono visibili solo in buone condizioni di luce e nelle “passe” bisogna stare molto attenti. Diventa quindi importantissimo poter vedere al meglio sott’acqua.

Per questo abbiamo attrezzato una

scaletta per potersi facilmente arrampicare fino al primo ordine di crocette, circa 8 metri sull’acqua. Come direbbe un comandante d’altri tempi…”marinaio!…in coffa!!” Da li lo spettacolo è mozzafiato, i colori dei fondali sono vivissimi e la prospettiva dall’alto ti da sicurezza sulla direzione da prendere.

Saltellando come grilli di isola in isola, di acquazzone in schiarita, scopriamo il rilassato ritmo di vita dei “barcaioli” e della gente locale, i Kuna.e.

Le loro imbarcazioni sono ricavate da un tronco di legno scavato e armate con un albero a sartie volanti umane e randina +

fiocchetto. Tutto piccolino ma molto efficace, grazie al sovradimensionato remo che fa anche da timone e deriva.

Le vele si stagliano coi loro improbabili colori sullo sfondo di questo angolo di paradiso.

Anche i “barcaioli” non scherzano… la varietà di barche a vela provenienti da ogni angolo di mondo ci fa realizzare che questo sogno caraibico è proprio di tutti. Peace and love to the world!

Le isole più vicine alla costa sono le uniche abitate stabilmente

In effetti…mooolto abitate. Le case in bambù sono costruite fittefitte al massimo 1 metro una dall’altra e spesso sono costituite da uno o due locali, arredate con amache e abitate da una moltitudine di Kuna sorridenti.

I milioni di bambini che popolano le poche strade di sabbia ci accolgono sempre festosi e, curiosissimi, spesso fanno a gara per accaparrarsi l’uragano biondo che è Greta.

Alle San Blas si può fare un discreto shopping…anche se la carta di credito naturalmente non serve a nulla.

Col dollarone puoi però acquistare pane, un po’ di viveri, birra e rum, carburante e…molas.

Molti di voi già sanno di cosa parlo: sono rettangoli di tessuto fittamente “ricamati” a strati; la particolare lavorazione a mano è

monopolizzata dalle numerose donne e da qualche travestito convinto. A cosa servono? Coi motivi tradizionali vengono cucite sui vestiti delle donne Kuna, acquisendo così significati relig

iosi e sociali. Ma ormai il business ha indotto le molamakers a diversificare l’offerta in centinaia di motivi differenti.

L’abilità di questo lavoro sta nel perdere vista e testa cucendo milioni di punti invisibili ogni giorno della propria. Più un maestro mola è bravo più è accecato! Al di la di tutto...ammirevoli!

Le molas sono bellissime, una diversa dall’altra; averne sotto gli occhi decine e decine scatena qualche strana reazione chimica nel cervelletto.

A me prende una febbre incontenibile di shopping violento: ogni volta che c’è un occasione di acquisto carico le tasche dei bermuda con rotoli di $$$. E l’occhio si inietta di desiderio.

Ma torniamo alle isole disabitate, i cayos da car

tolina che sono nell’immaginario comune…e nelle lenti polarizzate dei nostri occhiali da sole.

Fabio in coffa, Cami a prua, Greta ovunque, Simo ad ammainare la randa, io al timone; 3 metri d’acqua! Fondo all’ancora! Spiaggia a prua, corallo ovunque, sole alto nel cielo…maaaa dove ho messo la maschera? Simo, hai visto i piombi? Braccioli? Tutti pronti e impomatati? Reeeeeeeffff!!!

E qui ci vorrebbe un post solo per descrivere la varietà di pesciolini e squali che ci circonda. Ok, ok, sto esagerando!

Diciamo che finalmente, a 37 anni suonati, vedo i miei primi squali…nutrice. Abbbeelllli!!!! Io sono di Bergamo!! Il nutrice è più che sufficiente!! Grossi e innocui popolano i fondali insieme al resto dei pinneggianti.

E che bello scoprire ogni angolo di questi giardini sommersi!

Cami e Fabio in particolare fanno chilometri tutti i giorni in acqua e tornano sempre con bellissime fotografie subacquee.

Insomma una figata stratocosmica.

In questi giorni di puro godimento riusciamo pure a riservarci qualche ora di windsurf, almeno fino a quando la vela multirammendo cede definitivamente sotto il peso del mio corpicino in una delle rovinose cadute in velocità.

Ma sia io che Fabio abbiamo comunque avuto un corposo assaggio di adrenalinica bolina tra le teste di reef. Bellissimo!

Il tempo passa veloce, le giornate sono piccoli quadretti da collezionare e aprile è qui.

La mesata con Cami e Fabio volge ormai al termine…ragazzi, è sempre bello avervi a bordo!

Ciao marinai!!

Matteo

27 febbraio 2009

Williwaw

Il marinaio medio quando arriva in una bella baia cerca il suo angolino, ci si piazza, controlla il ferro, fa il bagnetto, poi cenetta, ruhmettino ed infine nanna.
Tanta nanna. Si perché il tempo è buono, il vento debole, il cielo stellato e la baia ti abbraccia dolcemente.

Williwaw: vento di caduta che, accelerando nelle vallate delle alte montagne, scende fino al mare sfogando la propria forza con inusuale crudeltà e sadismo.

Ora…siamo al momento in cui, sotto il cielo stellato del caribe, il libro mi sta cadendo dalla mano. E’ il momento di spegnere la luce, abbracciare la mia Simo e ronfare abbondantemente.
Appoggio il libro e….uuuuuuuuuuuuUUUUUUUUuuuuuuuuuu.
Spengo la luce e…….. UUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUHHHHHHHUUUUUFFFFIIIUUUUU…
Poi abbraccio forte la Simo perché piglio paura.
Da una valletta davanti alla innocente spiaggia arriva un urlo tipo uuuUUUUUUUUUUAAAAAAAAARRRRRRRHRHRHHHHHHHHHHRHRHRHHHHHIIIIIIIIIUUUUUUUUuuuuuu…..
5 secondi di silenzio e immobilità totale…poi arriva un altro TGV….solo che arriva sull’altro binario!
…..uuuuuUUUUUUUUUUUUUUUAAAAAAAAARRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRUUUUU….
Kudra parte impazzita in un brandeggio di 50 metri per parte!
Meno male che la guida della Colombia cui ci affidiamo anima e corpo ci ha avvertiti: occhio ai williwaw!
E noi, da bravi marinaretti abbiamo dato fondo a 80 metri di catena in 4 metri d’acqua.
Infine ci ritroviamo, sotto il lenzuolo col naso fuori, a dire: miiiinchia, senti questa raffica, saranno 45 nodi”.

Questo la prima notte.

Vi dico solo che abbiamo dormito solo l’ultima notte, 4 giorni dopo, con 100 metri di catena, 2 ancore appennellate e raffiche a ben oltre 60 nodi, da tutte le direzioni.
Cerco di spiegarmi meglio.
Quello che impressiona non è tanto la forza del vento, quanto la velocità con cui arriva e se ne va.
Istantaneo. Nel vero senso del termine.
Quando arriva un williwaw è come pigliare uno schiaffo dal nano mentre stai dormendo beato. Ti svegli subito e male.
Quando il williwaw se ne va lascia talmente l’aria vuota di movimento e rumore che è come se ti venisse a mancare la forza di gravità, tipo ascensore in discesa. Altra sensazione poco piacevole…
E tutto questo va e vieni continua, minuto dopo minuto, per ore. A dire il vero dura tutta la notte.
L’inquinamento acustico è poi raddoppiato dal fatto che ogni drizza vicina all’albero è destinata a suonare come una corda di violino pizzicata da un metallaro e amplificata da Vasco.
Tentententententententen…sdangsdangsdang…tling tlingtling…
Ora leggetelo a velocità doppia, volume appalla, avrete un’idea del concertino.
Il marinaio prescelto naturalmente deve, a petto nudo, sfidare il vento e la notte per assicurare ogni cima in una posizione consona e…silenziosa.
Un lavoro che non vi dico, da uscirne pazzi.
Sei a letto, aspetti la raffica, quando arriva proietti nel tuo cervello tutti i rumori che senti, li cataloghi ed analizzi.
Quando finisce la raffica schizzi in coperta ad eliminare ogni piccola sorgente di suono riconosciuto.
Infine rientri nel lettuccio.
Dopo 30 secondi arriva un’altra raffica. A questo punto i suoni noiosi che senti sono diventati n-1…talvolta n-2, ma a quanto sta l’enne?
Insomma il prescelto si prepara psicologicamente e via, dopo la raffica, ancora in coperta a lavorare!

E quando sei in coperta nel buio totale di una baia buia, e stai attaccato allo strallo di prua con tutte e due le mani, a controllare che l’ancora e la catena stiano lavorando bene, quello che vedi è bellissimo:
l’acqua s’accende della scia luminosa della catena che, rigida nello sforzo immane di tenere unita barca e ancora, disegna il percorso di Kudra che cerca di divincolarsi dalla presa del vento.

Buona notte....uuuuuUUUUUuuuuu...!!!!!

Matteo

Isole ABC – Cartagena

2° parte: Colombia.

Le aspettative sulla Colombia, al momento di salpare da Bonaire, erano altissime.
Colombia è sinonimo di gente ospitale e sorridente, coste bellissime e…sicure. Si perché, a differenza del Venezuela, in Colombia combattono duramente ed efficacemente il narcotraffico e quindi stroncano il proliferare di pirateria e di ogni attività illecita….bla bla bla…sarà vero?
Insomma salutiamo Nicolandra e ci incamminiamo.

Arrivati sulla costa subito ci si sente bene, la natura, le montagne, la gente sorridente. Altro che terrore venezuelano!
A Cabo dellaVela abbiamo il primo assaggio di Colombia, ma dovremo arrivare alle 5 baie per entrare nella magia del continente sudamericano.

5 fiordi bellissimi, natura esuberante e tanto da vedere. Siamo infatti nel parco di Tyrona, che dal mare si estende sulle alte montagne retrostanti. Arrivando abbiamo pure visto la neve sulle vette più alte!

Chiudo qui questo post, un po’ tronco, perché contiamo di trascorrere qualche mese nel paese (Kudra verrà rimessata proprio a Cartagena) e girellare un po’ qua e la.

Inoltre le foto fatte sono poche e bruttine. Conto di fare di meglio più avanti...
Vi racconterò allora della nostra Colombia.

Le aspettative sono sempre più alte!

Matteo

Isole ABC -Colombia

1° parte: navigazione - 8-24 febbraio

Nel periodo di massima forza degli Alisei, ovvero tra gennaio e marzo, le acque della Colombia diventano uno specie di luna park fatto di montagne russe a non finire e un sacco di vento. Questo passaggio di circa 450 miglia è considerato uno dei 5 più impegnativi di un giro del mondo tropicale. Gli aneddoti sono numerosissimi, equipaggi spaventati, barche disalberate, venti poderosi, onde incredibilmente alte e ripide.

Per attraversare queste “rapide” si aspetta allora la “finestra meteo” più propizia.
Dopo aver salutato i nostri prodi amici Ale e Moni di Nicolandra a Bonaire, abbiamo fatto rotta su Curacao, dove abbiamo preparato cambusa e barca per le navigazioni che ci attendevano (e comprato il 3° pannello solare!).
Poi tappa di una notte ad Aruba e quindi lancio spaziale verso la Colombia. Cartagena, arriviamo!
Abbiamo navigato a tappe corte, tra le 60 e le 120 miglia. In questo modo abbiamo abbattuto i rischi di fatiche ed emozioni forti. Non che ci spaventino, ma Greta era ancora in rodaggio (ormai superato alla grande) e poi volevamo cominciare la scoperta della costa Colombiana.
La nostra finestra meteo è stata ottima. Un culo non indifferente!
Tutte le navigazioni sono state con mare poco mosso, vento tra 10 e 25 nodi, dal giardinetto alla poppa. Corrente a favore quasi sempre.
Ce la siamo goduta. Abbiamo pure avvistato 2 balene! Emozioni…
Condizioni forti ci sono state invece mentre eravamo all’ancora alle 5Bays (vedi prox. Post) e poi nella navigazione da quel paradiso fino a p.ta Hermosa, 55 miglia con passaggio alla foce di un fiume importante (correnti ecc….).
Abbiamo lasciato l’ormeggio con 35 nodi e raffiche di 5min a 45, onde di 2-3m (ovvero piccolissime…).

Missili mare-aria… Kudra lanciata al giardinetto con randa 3mani e 1/3 genoa tangonato. Velocità da paura, planate lunghissime a ben oltre 15 nodi. Medie di quasi nove nodi su un bel mare formato e abbastanza facile.
Per favorire l’assetto avevo svuotato la cala vele (200 kg) e lasciati vuoti i serbatoi dell’acqua in dinette. Insomma pesi tutti a poppa.
Kudra ha ringraziato con un assetto stabilissimo e un timone duretto.
Il punto peggiore della navigazione è quando le onde dell’oceano incontrano l’acqua melmosa che esce a miliardi di tonnellate al secondo dal rio Magdalena e si alzano in muri difficili da surfare.

Noi siamo passati incolumi con pochissima onda e nessun pericolo. Il rio infatti in questo periodo è seccherello e ha poca influenza sull’oceano. Impressionante poi il cambio di colore dell’acqua, nettissimo, da blu profondo a marrone denso. Spettacolo della natura.

E ora eccoci qui in porto a Cartagena, splendida città, in attesa di Fabio e Camilla per poi partire alla scoperta di San Blas.

A presto marinai!!

Matteo

11 febbraio 2009

Apnea

Certo che scrivere cose così intime non è facile. Ma cercherò di dare quell’impronta scientifica caratteristica di un bergamasco mezzoingegnere e soprattutto mezzo no.

Il problema è tutto di sopravento e sottovento. E meno male che esistono, altrimenti non si potrebbe risolvere almeno metà del problema.

Sibillino?

Ora ci arrivo, calma.

Avete presente com’è una barca all’ancora? No? Allora non siete amici miei…

Beh, all’ancora la barca sta praticamente sempre con la prua al vento.

Seguitemi nel ragionamento…

La caratteristica principale del sopravento/sottovento è la relatività. Ovvero che il sopra e sotto sono relativi a qualcosa o qualcuno. Io sono sopravento a te, il pozzetto è sottovento alla prua…

Ma allora, dove li mettiamo i quintali di pannolini usati????????? Sopra o sottovento al nostro naso?

Chi di voi ha figli avrà già inquadrato il problema: non esiste una famiglia serena se i genitori non sono almeno campioni regionali di apnea.

Se poi si abita in barca naturalmente ci vuole una laurea in smaltimento rifiuti tossici, perché quando stai 2 mesi a veleggiare in posti deserti (nel senso assoluto del termine) non puoi certo cercare un cassonetto differenziato (per il frutto del peccato…!!. Grazie Elio); i genitori barcaioli devono quindi stivare accuratamente il pannolino radioattivo.

C’era una volta un pannolino stracolmo di soddisfazione della nostra amata bimba. La società “Genitori per lo smaltimento” S.p.a. ricevette l’incarico.

In un primo momento si provò lo smaltimento all’italiana, ovvero si infilò il rifiuto speciale in mezzo alla spazza normale, sotto il lavandino.

Fallimento totale: accanto al bidone-spazza il motore del frigo, sempre acceso, accelerava lo sprigionarsi di vapori letali.

Ricorrendo alla respirazione bocca a bocca i genitori in coppia riuscirono quindi a spostare il pannolo mefitico in un contenitore adatto…il bidone stagno da sopravvivenza in mare.

Esauriti i bidoni da 500 euro l’uno il problema però si ripropose.

La seconda soluzione della S.p.A. fu di stivare i metri cubi di mmmm….mystic parfum in normale sacchetto di plastica e quindi insieme a tutta l’altra spazza nel gavone ad estrema poppa, sotto la plancetta. Più sottovento di così! Nasi salvi!

In effetti tutti e tutto stavano sopravento e quindi il problema era fondamentalmente risolto. Sennonché i vapori, simili all’ascella di uno zombie dopo un inseguimento a piedi, stordivano i malcapitati che, per risalire dal mare dopo un bel bagno, usavano la scaletta...a 10 cm dal gavone incriminato!

La società “Genitori per lo smaltimento”, ormai prossima al fallimento, decise quindi di cambiar tattica. Forzando il concetto di sopra/sotto vento optarono per un bel bidoncino speciale per pannolini e lo piazzarono ad estrema prua, in cala vele.

Sembrava funzionare benino. La procedura era la seguente:

1- portare la bimba infetta sul fasciatolo

2- iperventilare ed entrare in apnea

3- aprire ed estrarre il pannolo, sorriso sulle labbra, carezza alla bimba

4- inserire il rifiuto speciale in sacchetto di piombo

5- inserire il sacchetto in un sacco della NASA

6- correre in cala vele e depositare il tutto nel bidoncino

7- chiudere la cala vele con cordone di sigillante speciale

8- tornare dalla bimba per terminare pulizia e vestizione

Il problema però era il solito relativismo di sopra/sottovento, ovvero che il letto di noi genitori, posto vicino alla calavele, è comunque sottovento alla bombaX; sebbene di giorno il cervello evoluto dei genitori filtrasse gli odori che trasudavano dalla paratia stagna, di notte le molecole radioattive saturavano il setto nasale costringendoci a sogni tormentati ed incubi senza fine.

La società fallì, il matrimonio fu ad un passo dal tracollo; da allora non siamo più stati in grado di distinguere un Merlot da un nero d’Avola.

Ma la soluzione arrivò, fulminante ed accecante come un cortocircuito, quando ormai tutto sembrava perduto…ve la immaginate?

Abbiamo smesso di usare i pannolini

Matteo