27 febbraio 2009

Williwaw

Il marinaio medio quando arriva in una bella baia cerca il suo angolino, ci si piazza, controlla il ferro, fa il bagnetto, poi cenetta, ruhmettino ed infine nanna.
Tanta nanna. Si perché il tempo è buono, il vento debole, il cielo stellato e la baia ti abbraccia dolcemente.

Williwaw: vento di caduta che, accelerando nelle vallate delle alte montagne, scende fino al mare sfogando la propria forza con inusuale crudeltà e sadismo.

Ora…siamo al momento in cui, sotto il cielo stellato del caribe, il libro mi sta cadendo dalla mano. E’ il momento di spegnere la luce, abbracciare la mia Simo e ronfare abbondantemente.
Appoggio il libro e….uuuuuuuuuuuuUUUUUUUUuuuuuuuuuu.
Spengo la luce e…….. UUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUHHHHHHHUUUUUFFFFIIIUUUUU…
Poi abbraccio forte la Simo perché piglio paura.
Da una valletta davanti alla innocente spiaggia arriva un urlo tipo uuuUUUUUUUUUUAAAAAAAAARRRRRRRHRHRHHHHHHHHHHRHRHRHHHHHIIIIIIIIIUUUUUUUUuuuuuu…..
5 secondi di silenzio e immobilità totale…poi arriva un altro TGV….solo che arriva sull’altro binario!
…..uuuuuUUUUUUUUUUUUUUUAAAAAAAAARRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRUUUUU….
Kudra parte impazzita in un brandeggio di 50 metri per parte!
Meno male che la guida della Colombia cui ci affidiamo anima e corpo ci ha avvertiti: occhio ai williwaw!
E noi, da bravi marinaretti abbiamo dato fondo a 80 metri di catena in 4 metri d’acqua.
Infine ci ritroviamo, sotto il lenzuolo col naso fuori, a dire: miiiinchia, senti questa raffica, saranno 45 nodi”.

Questo la prima notte.

Vi dico solo che abbiamo dormito solo l’ultima notte, 4 giorni dopo, con 100 metri di catena, 2 ancore appennellate e raffiche a ben oltre 60 nodi, da tutte le direzioni.
Cerco di spiegarmi meglio.
Quello che impressiona non è tanto la forza del vento, quanto la velocità con cui arriva e se ne va.
Istantaneo. Nel vero senso del termine.
Quando arriva un williwaw è come pigliare uno schiaffo dal nano mentre stai dormendo beato. Ti svegli subito e male.
Quando il williwaw se ne va lascia talmente l’aria vuota di movimento e rumore che è come se ti venisse a mancare la forza di gravità, tipo ascensore in discesa. Altra sensazione poco piacevole…
E tutto questo va e vieni continua, minuto dopo minuto, per ore. A dire il vero dura tutta la notte.
L’inquinamento acustico è poi raddoppiato dal fatto che ogni drizza vicina all’albero è destinata a suonare come una corda di violino pizzicata da un metallaro e amplificata da Vasco.
Tentententententententen…sdangsdangsdang…tling tlingtling…
Ora leggetelo a velocità doppia, volume appalla, avrete un’idea del concertino.
Il marinaio prescelto naturalmente deve, a petto nudo, sfidare il vento e la notte per assicurare ogni cima in una posizione consona e…silenziosa.
Un lavoro che non vi dico, da uscirne pazzi.
Sei a letto, aspetti la raffica, quando arriva proietti nel tuo cervello tutti i rumori che senti, li cataloghi ed analizzi.
Quando finisce la raffica schizzi in coperta ad eliminare ogni piccola sorgente di suono riconosciuto.
Infine rientri nel lettuccio.
Dopo 30 secondi arriva un’altra raffica. A questo punto i suoni noiosi che senti sono diventati n-1…talvolta n-2, ma a quanto sta l’enne?
Insomma il prescelto si prepara psicologicamente e via, dopo la raffica, ancora in coperta a lavorare!

E quando sei in coperta nel buio totale di una baia buia, e stai attaccato allo strallo di prua con tutte e due le mani, a controllare che l’ancora e la catena stiano lavorando bene, quello che vedi è bellissimo:
l’acqua s’accende della scia luminosa della catena che, rigida nello sforzo immane di tenere unita barca e ancora, disegna il percorso di Kudra che cerca di divincolarsi dalla presa del vento.

Buona notte....uuuuuUUUUUuuuuu...!!!!!

Matteo

Isole ABC – Cartagena

2° parte: Colombia.

Le aspettative sulla Colombia, al momento di salpare da Bonaire, erano altissime.
Colombia è sinonimo di gente ospitale e sorridente, coste bellissime e…sicure. Si perché, a differenza del Venezuela, in Colombia combattono duramente ed efficacemente il narcotraffico e quindi stroncano il proliferare di pirateria e di ogni attività illecita….bla bla bla…sarà vero?
Insomma salutiamo Nicolandra e ci incamminiamo.

Arrivati sulla costa subito ci si sente bene, la natura, le montagne, la gente sorridente. Altro che terrore venezuelano!
A Cabo dellaVela abbiamo il primo assaggio di Colombia, ma dovremo arrivare alle 5 baie per entrare nella magia del continente sudamericano.

5 fiordi bellissimi, natura esuberante e tanto da vedere. Siamo infatti nel parco di Tyrona, che dal mare si estende sulle alte montagne retrostanti. Arrivando abbiamo pure visto la neve sulle vette più alte!

Chiudo qui questo post, un po’ tronco, perché contiamo di trascorrere qualche mese nel paese (Kudra verrà rimessata proprio a Cartagena) e girellare un po’ qua e la.

Inoltre le foto fatte sono poche e bruttine. Conto di fare di meglio più avanti...
Vi racconterò allora della nostra Colombia.

Le aspettative sono sempre più alte!

Matteo

Isole ABC -Colombia

1° parte: navigazione - 8-24 febbraio

Nel periodo di massima forza degli Alisei, ovvero tra gennaio e marzo, le acque della Colombia diventano uno specie di luna park fatto di montagne russe a non finire e un sacco di vento. Questo passaggio di circa 450 miglia è considerato uno dei 5 più impegnativi di un giro del mondo tropicale. Gli aneddoti sono numerosissimi, equipaggi spaventati, barche disalberate, venti poderosi, onde incredibilmente alte e ripide.

Per attraversare queste “rapide” si aspetta allora la “finestra meteo” più propizia.
Dopo aver salutato i nostri prodi amici Ale e Moni di Nicolandra a Bonaire, abbiamo fatto rotta su Curacao, dove abbiamo preparato cambusa e barca per le navigazioni che ci attendevano (e comprato il 3° pannello solare!).
Poi tappa di una notte ad Aruba e quindi lancio spaziale verso la Colombia. Cartagena, arriviamo!
Abbiamo navigato a tappe corte, tra le 60 e le 120 miglia. In questo modo abbiamo abbattuto i rischi di fatiche ed emozioni forti. Non che ci spaventino, ma Greta era ancora in rodaggio (ormai superato alla grande) e poi volevamo cominciare la scoperta della costa Colombiana.
La nostra finestra meteo è stata ottima. Un culo non indifferente!
Tutte le navigazioni sono state con mare poco mosso, vento tra 10 e 25 nodi, dal giardinetto alla poppa. Corrente a favore quasi sempre.
Ce la siamo goduta. Abbiamo pure avvistato 2 balene! Emozioni…
Condizioni forti ci sono state invece mentre eravamo all’ancora alle 5Bays (vedi prox. Post) e poi nella navigazione da quel paradiso fino a p.ta Hermosa, 55 miglia con passaggio alla foce di un fiume importante (correnti ecc….).
Abbiamo lasciato l’ormeggio con 35 nodi e raffiche di 5min a 45, onde di 2-3m (ovvero piccolissime…).

Missili mare-aria… Kudra lanciata al giardinetto con randa 3mani e 1/3 genoa tangonato. Velocità da paura, planate lunghissime a ben oltre 15 nodi. Medie di quasi nove nodi su un bel mare formato e abbastanza facile.
Per favorire l’assetto avevo svuotato la cala vele (200 kg) e lasciati vuoti i serbatoi dell’acqua in dinette. Insomma pesi tutti a poppa.
Kudra ha ringraziato con un assetto stabilissimo e un timone duretto.
Il punto peggiore della navigazione è quando le onde dell’oceano incontrano l’acqua melmosa che esce a miliardi di tonnellate al secondo dal rio Magdalena e si alzano in muri difficili da surfare.

Noi siamo passati incolumi con pochissima onda e nessun pericolo. Il rio infatti in questo periodo è seccherello e ha poca influenza sull’oceano. Impressionante poi il cambio di colore dell’acqua, nettissimo, da blu profondo a marrone denso. Spettacolo della natura.

E ora eccoci qui in porto a Cartagena, splendida città, in attesa di Fabio e Camilla per poi partire alla scoperta di San Blas.

A presto marinai!!

Matteo

11 febbraio 2009

Apnea

Certo che scrivere cose così intime non è facile. Ma cercherò di dare quell’impronta scientifica caratteristica di un bergamasco mezzoingegnere e soprattutto mezzo no.

Il problema è tutto di sopravento e sottovento. E meno male che esistono, altrimenti non si potrebbe risolvere almeno metà del problema.

Sibillino?

Ora ci arrivo, calma.

Avete presente com’è una barca all’ancora? No? Allora non siete amici miei…

Beh, all’ancora la barca sta praticamente sempre con la prua al vento.

Seguitemi nel ragionamento…

La caratteristica principale del sopravento/sottovento è la relatività. Ovvero che il sopra e sotto sono relativi a qualcosa o qualcuno. Io sono sopravento a te, il pozzetto è sottovento alla prua…

Ma allora, dove li mettiamo i quintali di pannolini usati????????? Sopra o sottovento al nostro naso?

Chi di voi ha figli avrà già inquadrato il problema: non esiste una famiglia serena se i genitori non sono almeno campioni regionali di apnea.

Se poi si abita in barca naturalmente ci vuole una laurea in smaltimento rifiuti tossici, perché quando stai 2 mesi a veleggiare in posti deserti (nel senso assoluto del termine) non puoi certo cercare un cassonetto differenziato (per il frutto del peccato…!!. Grazie Elio); i genitori barcaioli devono quindi stivare accuratamente il pannolino radioattivo.

C’era una volta un pannolino stracolmo di soddisfazione della nostra amata bimba. La società “Genitori per lo smaltimento” S.p.a. ricevette l’incarico.

In un primo momento si provò lo smaltimento all’italiana, ovvero si infilò il rifiuto speciale in mezzo alla spazza normale, sotto il lavandino.

Fallimento totale: accanto al bidone-spazza il motore del frigo, sempre acceso, accelerava lo sprigionarsi di vapori letali.

Ricorrendo alla respirazione bocca a bocca i genitori in coppia riuscirono quindi a spostare il pannolo mefitico in un contenitore adatto…il bidone stagno da sopravvivenza in mare.

Esauriti i bidoni da 500 euro l’uno il problema però si ripropose.

La seconda soluzione della S.p.A. fu di stivare i metri cubi di mmmm….mystic parfum in normale sacchetto di plastica e quindi insieme a tutta l’altra spazza nel gavone ad estrema poppa, sotto la plancetta. Più sottovento di così! Nasi salvi!

In effetti tutti e tutto stavano sopravento e quindi il problema era fondamentalmente risolto. Sennonché i vapori, simili all’ascella di uno zombie dopo un inseguimento a piedi, stordivano i malcapitati che, per risalire dal mare dopo un bel bagno, usavano la scaletta...a 10 cm dal gavone incriminato!

La società “Genitori per lo smaltimento”, ormai prossima al fallimento, decise quindi di cambiar tattica. Forzando il concetto di sopra/sotto vento optarono per un bel bidoncino speciale per pannolini e lo piazzarono ad estrema prua, in cala vele.

Sembrava funzionare benino. La procedura era la seguente:

1- portare la bimba infetta sul fasciatolo

2- iperventilare ed entrare in apnea

3- aprire ed estrarre il pannolo, sorriso sulle labbra, carezza alla bimba

4- inserire il rifiuto speciale in sacchetto di piombo

5- inserire il sacchetto in un sacco della NASA

6- correre in cala vele e depositare il tutto nel bidoncino

7- chiudere la cala vele con cordone di sigillante speciale

8- tornare dalla bimba per terminare pulizia e vestizione

Il problema però era il solito relativismo di sopra/sottovento, ovvero che il letto di noi genitori, posto vicino alla calavele, è comunque sottovento alla bombaX; sebbene di giorno il cervello evoluto dei genitori filtrasse gli odori che trasudavano dalla paratia stagna, di notte le molecole radioattive saturavano il setto nasale costringendoci a sogni tormentati ed incubi senza fine.

La società fallì, il matrimonio fu ad un passo dal tracollo; da allora non siamo più stati in grado di distinguere un Merlot da un nero d’Avola.

Ma la soluzione arrivò, fulminante ed accecante come un cortocircuito, quando ormai tutto sembrava perduto…ve la immaginate?

Abbiamo smesso di usare i pannolini

Matteo

03 febbraio 2009

Isrrael il velaio

Ciao a tutti, amici e marinai,
mi sembra di esser tornato ai tempi di Colombo quando le navi partivano e non davano notizie per mesi e mesi… chissà cosa avrete pensato della nostra assenza! Beh, sappiate che finora abbiamo fatto tanto e poco. Ovvero abbiamo già ampiamente ri-gustato el savor del caribe, ma sempre a Los Roques, che è ormai come una seconda casa.
Beh, comunque eccoci qui. E ora ve ne racconto una di quelle che capitano facilmente qui in Venezuela.
Ad aprile 2008 decidiamo di farci fare 3 vele nuove. Dopo attenta ricerca troviamo il “nostro” velaio a p.to la Cruz ed inizia la via crucis.
A maggio, dall’Italia, confermo a Isrrael la sua mail di preventivo e cerco di avviare il taglio delle vele.
A settembre il velaio ancora non ha risposto. La preoccupazione è all’orizzonte.
A inizio ottobre finalmente riusciamo a contattarlo e si riparte da zero.
3 settimane dopo siamo di nuovo in Venezuela, con la prospettiva di un mese in cantiere e 2 mesi in giro per le isolette
Parte il pressing. Matteo si muove sulla fascia, avanza a testa bassa, ma Isrrael salta, crossa, slitta, piroetta e sguscia come un calamaro in crisi isterica.
Il controllo della situazione sfugge... il materiale ancora deve arrivare dagli USA…
Kudra è ormai pronta e a inizio dicembre salutiamo, con fazzoletto e lacrimuccia, il velaio che dalla banchina ci osserva partire e pare non riesca a trattenere una risata, e sapete perché?
Perché il sottoscritto, mosso da sincera fiducia ed affetto per Isrrael il velaio, ha appena bonificato il saldo delle vele!!! Che furbo! “E il premio volpe dell’anno 2008 vaaaaaa aaaaaaa Matteoooooo!!!”
“Mañana! Mañana te chiamo. Domani ti chiamo!
No preocupate! Tranquilo!”

Mañana: 1. domattina; 2. avv. Domani; …; 99. MAI (dialettale, usato da una comunità di indios del centro Venezuela, capo supremo Isrrael).

L’epilogo è lungo e sofferto, Isrrael incrollabile nel suo ottimismo ogni giorno si sbilancia garantire per l’invio delle vele il giorno dopo… mañana.
Gennaio passa e finalmente il 24 mattina piango di felicità abbracciato alle vele nuove nel gabbiottino dello spedizioniere….la vita è bella….
"la cuenta: 1400 Bolivares por favor”
Aalimortacci del velaio e le sue sorelle!!
Oltre al danno la beffa, oltre la beffa la tranvata finale
Una bella discussione per telefono con Isrrael pone un fine (non lieto) alla vicenda: il trasporto lo paghiamo 50-50%.
Che stressssssss. Per smaltire ci serviranno almeno 20 giorni di relax puro vista spiaggia!
Le vele sono alla fine ben fatte e il rapporto qualità/prezzo è buono. Bravo Isrrael, ma se fossi qui con me una tiratina d’orecchie te la darei volentieri!!
Ma questo è il Venezuela e tutto sommato non è molto dissimile al nostro belpaese.
Ciacciao!!!

Matteo

Gli amici di Los Roques


Barca e windsurf sono state le due chiavi che, in questi lunghi mesi di "sofferenze caraibiche", ci hanno permesso di conoscere finalmente qualche simpatico venezuelano.

Quando in rada ci sono barche da charter in attesa dei primi clienti stagionali e il centro windsurf è a 100m è facile entrare nel giro dei malati del mare.
In più qui si conoscono tutti, son 44 gatti (in fila per sei col resto di due...) che bolinano, surfano, si immergono. Sono pienamente calati nell'anima di Los Roques.

I nostri ultimi giorni nel paradiso venezuelano sono stati particolarmente intensi per gli incontri e le occasioni di festa.
Siamo stati bene, belle persone, bei momenti.
Ad accelerare il nostro ingresso nel tessuto social/surfista è stato il baratto concordato tra me ed Elia del centro windsurf: tu mi dai una tavola buona, io ti riparo le tavole da surf danneggiate.
In questo modo abbiamo passato una settimana fermi a Francisqui, qualche mezza giornata a resinar tavole in compagnia di Lote, Elia, i loro cani Chilum e Arena e naturalmente Simo e Greta.
Di contorno vedevamo gli amici di Elia e Lote, che venivano a far Kite-surf o semplicemente a far 2 chiacchiere.

Immancabili Max e Cristina, che da tantissimi anni fanno charter qui e che hanno contribuito a colonizzare il territorio. E naturalmente sono amiconi della combriccola venezuelana.
Max, irriducibile del Kite, del surf, della pesca in apnea. Cristina, maestra di torte e manicaretti, votata al fornello di alta qualità. Siete fantastici!
E poi chi ricordare in queste righe?
Fernando, Javier, Cholas, Dixi, Frank, Giordana e Alfonzo, Oscar e tutti gli altri.
Grazie ragazzi per averci fatto sentire a casa!

Matteo